Giannattasio Ugo
Nacque a Roma il 2 agosto 1888, da Adolfo ed Emma Mirone. Rimasto presto orfano del padre, passò l’infanzia e l’adolescenza con la madre a Roma, dove frequentò l’Accademia di belle arti e la scuola libera del nudo, e dove strinse amicizia con G. Severini.
Nel 1906 si trasferì a Parigi, spinto dall’interesse per le nuove tendenze artistiche che si sviluppavano in quegli anni intorno alle esperienze fauve e, poi, cubiste. Al 1909 risale uno dei suoi primi dipinti conosciuti, l’Autoritratto a olio (Roma, eredi Giannattasio), che appare vicino alle tendenze di impianto espressionista. A Parigi frequentò gli artisti che si ritrovavano alla Closerie des Lilas (Evangelisti), e fu proprio lì che nel 1911 incontrò di nuovo Severini, accompagnato da F.T. Marinetti.
Nel frattempo il futurismo, con la pubblicazione del primo manifesto su Le Figaro nel 1909, si era imposto all’attenzione degli ambienti artistici parigini. Il G. si unì ben presto al gruppo futurista, com’è testimoniato dalla sua corrispondenza con Severini e Marinetti (Drudi Gambillo – Fiori, pp. 302, 338). La posizione del G. all’interno del gruppo futurista appare fortemente compromessa dalla violenta opposizione di C. Carrà e di U. Boccioni, che fecero il possibile per escluderlo dalle attività del gruppo. Infatti, Carrà considerava il G. e altri come degli impostori che “dicendosi futuristi ci fanno un’antireclame che porta frutti disastrosi per tutti noi”.
Nel 1912 prese parte per la prima volta al Salon des indépendants con il dipinto Le vent de la nuit che, come molte altre opere, andò distrutto durante la prima guerra mondiale. Nel 1913 era di nuovo presente al Salon des indépendants con un dipinto dal titolo Le tourniquet du café de Paris (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna), che riscosse un certo successo di pubblico e di critica.
L’opera fu notata, in particolare, da G. Apollinaire, che la citò nelle sue Chroniques d’art, vedendovi l’influenza di R. Delaunay. Il dipinto mostra l’interesse per il cubismo nell’uso di un linguaggio spoglio ma rigoroso, unito però a una sintesi di simultaneità dinamica cara ai futuristi. Crispolti (1980, p. 146) riconosce il tratto più tipico del G. nella densità tonale delle scelte cromatiche, come anche nella “logica della compenetrazione dinamica e pragmatica, più che teorica”. E, infatti, la pittura del G. è certamente improntata a una grande concretezza che si esprimerà con esiti originali, anche in ambiti non strettamente pittorici.
Nell’agosto del 1914 si arruolò volontario nella legione straniera. Nel giugno del 1915 fece ritorno in Italia e si arruolò come sottotenente nell’esercito italiano. Nel 1918, dopo aver passato alcuni mesi in prigionia in seguito alla disfatta di Caporetto, si stabilì a Roma, dove conobbe Renata Vaccaro, che sposò nel 1920; dal matrimonio nacquero due figlie.
Nella prima metà degli anni Venti la sua attività fu intensissima ed estremamente diversificata. L’attività pittorica del si sviluppò intorno ai temi centrali del futurismo.
Nel 1919 scrisse un romanzo dal titolo Gli spettacoli dell’altro mondo.
Tra il 1920 e il 1923, come altri futuristi, diede vita a Roma a una casa d’arte, dedicandosi alle arti applicate e al mobilio futurista. Le tracce di questa attività rimangono oggi purtroppo di scarsa entità (una decina di bozzetti); mentre si conoscono soltanto pochi oggetti realizzati.
Negli stessi anni collaborò con E. Prampolini alle scenografie per “Il teatro del colore” di A. Ricciardi, creando alcuni dei costumi di scena. L’esperienza di Ricciardi ebbe vita brevissima, limitandosi alle rappresentazioni tenute al teatro Argentina di Roma tra il 22 e il 30 marzo 1920. “Il teatro del colore” proponeva l’abolizione della scena dipinta e descrittiva, che doveva essere sostituita da irradiazioni cromatico-luminose. In questo contesto creò alcuni bozzetti per singoli personaggi, che mostrano una straordinaria capacità inventiva nella variazione cromatica e nella definizione dei singoli caratteri . In questi anni partecipò a importanti rassegne come la mostra di “Valori plastici”, tenutasi nel 1922 nel palazzo delle Esposizioni di Firenze, e l’Exposition internationale d’art moderne a Ginevra.
Dopo la seconda metà degli anni Venti il dovette ritirarsi ancora di più dalla scena artistica: non si conoscono infatti opere risalenti a questo periodo. Nel 1926 si arruolò volontario nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale con il grado di console, grazie all’interessamento del cognato Giorgio Vaccaro, il quale era console generale di questa. Nel 1935 partecipò alla campagna d’Etiopia; allo scoppio della seconda guerra mondiale tornò in Italia.
Dopo l’armistizio dell’8 sett. 1943 si rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò; fu quindi preso prigioniero dai Tedeschi e deportato in Germania nei campi di prigionia nazisti. Nel 1945 riuscì a fuggire e a tornare in Italia poco prima della Liberazione.
Nel 1946 si trasferì a Torino con la moglie e le figlie, e lì visse una sorta di seconda giovinezza artistica caratterizzata da una decisa propensione per la non figurazione, vicina per alcuni versi alle contemporanee tendenze informali.
Ugo Giannattasio morì a Torino, il 7 giugno 1958.