Sartoris Alberto
Alberto Sartoris (Torino, 1901 – Cossonay Ville, Svizzera, 1998) architetto, critico e teorico italo-svizzero è considerato oltre ad uno dei più importanti precursori dell’architettura razionale a partire dagli anni trenta del Novecento, anche un designer, grazie alle assonometrie dei suoi progetti di arredo, presentate in numerose esposizioni in tutta Europa.
L’interesse di Sartoris verso l’architettura di interni e il design trova il suo più fecondo sviluppo fra gli anni venti e gli anni trenta del Novecento. Alcuni dei suoi progetti di arredo realizzati a partire dal 1925 mostrano un’implicita influenza futurista, risentono infatti delle opere di Sant’Elia, Enrico Prampolini, Fillìa o Nicolay Diulgheroff, altri invece denunciano apertamente una riflessione sull’opera dei grandi Maestri del Novecento come Alvar Aalto, Marcel Breuer o Gerrit Thomas Rietveld. I numerosi esempi di ensembles mobilier ad opera di Sartoris mostrano quindi un variegato ventaglio di riferimenti che egli ha saputo abilmente interpretare attraverso una personale lettura critica coadiuvata dalla sperimentazione di nuovi materiali e dalla sempre più collaudate tecnologie di produzione.
Del periodo di formazione torinese costituiscono, ad esempio, una preziosa testimonianza le vedute prospettiche del progetto del teatrino privato di Casa Gualino e i numerosi progetti assonometrici dei cosiddetti “mobili da studio” (biblioteche, tavoli e sedie, simmetriche e quasi del tutto prive di ornamento) nei quali emerge l’accuratezza e la sobrietà dell’esecuzione sia dal punto di vista grafico che progettuale. Di ispirazione più déco sono ad esempio i mobili che Sartoris realizza per l’arredamento della casa Niccolini a Torino nel 1927, come il tavolo in rovere argentato e noce nero lucido e le vetrinette per riviste e ceramiche in rovere argentato. Di impronta marcatamente più razionale è invece il progetto, e il successivo allestimento, della sala n. 34 dedicata al riposo della stampa, realizzata da Sartoris in collaborazione con il pittore torinese Gigi Chessa per la XVI Biennale di Venezia inaugurata nell’aprile del 1928.
Una delle opere più significative in relazione all’influenza del neoplasticismo olandese è la scrivania o banco del dentista progettata per il Dottor Breuleux nel 1929 e realizzata nell’anno successivo a Losanna, in legno laccato nero, grigio e rosso questo oggetto di arredo può essere considerato uno dei primi esempi di utilizzo del colore nella opere della cosiddetta “piccola architettura”.
In alcuni studi assonometrici di interni realizzati a partire dagli anni trenta, contraddistinti dalle prime sperimentazioni sui nuovi materiali, la decorazione o i profili irregolari vengono definitivamente aboliti a favore di un ricorso a figure geometriche che sconfinano gradatamente nella cosiddetta “visione razionalista”. Ad esempio, la poltroncina progettata da Sartoris nel 1927 ricorda analoghe produzioni e sperimentazioni tedesche del Bauhaus: a differenza degli arredi in bianco e nero ideati e realizzati per la biennale veneziana, la poltroncina è policroma, in metallo laccato giallo e nero, con schienale e sedile rivestito in cuoio. Questa opera può essere considerata come uno dei primi prototipi legati al concetto di produzione industriale e consta di due parti ben distinte: una struttura di base con la seduta e uno schienale reclinabile. È proprio la possibilità di regolazione dello schienale che rappresenta il criterio di “riducibilità” dell’oggetto, sperimentato prima di allora, ad esempio, da Marcel Breuer con la celebre poltroncina B4 in tubolare e tela del 1926. Il mobilio in tubolare policromo, secondo Sartoris, contiene “tutta una metafisica dell’architettura interna, magnificando quella bellezza astratta che potrà diventare, in un prossimo avvenire, la qualità essenziale dell’utilità”.
Alberto Sartoris a Cully (Vaud), settembre 1930 (da Pianzola, Luisa, Alberto Sartoris, da Torino all’Europa, Alberto Greco Editore, Milano 1990, p. 66).