Ritorno alla natura
Ritorno alla natura, Architettura – Ambientazione – Arredamento e Materiali da Costruzione, 12 febbraio 1933
Le ragioni di un ritorno spontaneo alla natura sono, nelle teorie razionalistiche odierne, uno dei postulati più immediati. Maturo nella sua essenza, veloce nella sua formazione estetica, questo ritorno alle bellezze pittoriche, scultoree ed architettoniche della terra impensate prospettive del funzionalismo contemporaneo. Se vi sono nell’architettura moderna, tutte le attrattive ascetiche del pensiero astrattista, vi è anche, quale sforzo di compensazione, la volontà di aderire (nell’unità assoluta) allo sviluppo di quelle forme plastiche naturali che hanno sempre costituito, nei più felici periodi dell’arte, la corona gentile delle affermazioni possenti dell’architettura, sia essa nordica o latina.
Oggi, i principi della costruzione moderna non ammettono più il preconcetto che stabiliva che ovunque non vi erano uomini la terra era bella, ma determinano le norme di una armonica unione tra le regole dell’arte di edificare e quelle immanenti della natura. Qualità che dominano le composizioni architettoniche del funzionalismo mondiale legato, oltreché all’arredamento della casa, alla sistemazione dei siti nei quali vive l’edificio. L’amore intenso della natura, amore provocato in parte dall’igiene e dallo sport, ha condotto il progettista di opere moderne a controllarle nella loro rispondenza alla nuova sensibilità umana e nei suoi confronti colla teorica aggiornata dell’arboricoltura e della floricoltura. Ed è per questo che la nuova architettura non definisce soltanto una intesa col paesaggio, ma oppone anche, valga l’esempio, i suoi ritmi severi a quelli più fantasiosi dei pergolati di viburno e degli assiemi di acacie e di ciliegi. Ritmi opposti, ma non contradittori, i quali contribuiscono ad affermare maggiormente il carattere virgiliano dell’architettura razionale; come, d’altronde, il tracciamento dei viali a meandri sapientemente ordinati, il delineamento degli spartimenti dei giardini disposti a diversi piani, l’organizzazione appropriata delle acque, delle zone ombrifere e della luce tanto naturale che artificiale, e l’allargamento sistematico delle vie maestre d’accesso, conferiscono all’architettura paesistica commoventi e leggiadri spunti estetici, che chiariscono con evidenza il lirismo poetico del funzionalismo di avanguardia.
Mai forse, come nell’arte edilizia moderna, si sono viste due virtù in un tempo dissimili e congiunte offrire l’immagine presente e munifica di un nuovo spettacolo architettonico di un ordine elevatissimo. Su queste basi, un ritorno efficace allo spirito virgiliano della natura riscontra il plauso unanime degli architetti razionalisti. L’ornato esterno, che nella nuova architettura vien sostituito dall’equilibrio euritmico delle linee, dei volumi e delle masse, e la decorazione interna che è stata fortunatamente abbandonata per una migliore distribuzione pianimetrica della casa, trovano nel rispetto della terra e colla collaborazione effettiva delle forme organiche della natura una via più sana e più consentanea colle idee intellettuali e sociali del nostro tempo. I campi risultano così ben delimitati: da una parte, l’architettura colla sua plastica statica dinamica e funzionale, dall’altra, la natura ed il paesaggio creati colle loro forme variabili all’infinito. Stati d’animo che si compensano a vicenda; stati d’animo che nelle loro reazioni diversissime assumono il volto di normalizzatori del pensiero architettonico moderno.
In questo pronunciamento per un ritorno alla natura, i sistemi dell’urbanismo europee hanno un’importanza vitale. In fatti, è dallo studio dei dati odierni dell’urbanistica razionale che si è potuto intravedere il parallelismo di intendimenti estetici che si deducono da una maschia intrecciatura delle idealità dell’architettura e dell’arte paesistica, cui è inclusa quella dei giardini. Contrariamente a quanto si è fatto in America ove soltanto il grattacielo cittadino vien considerato come la espressione massima dell’architettura, i razionalisti europei, pur considerando che gli edifici di grande altezza sono per ora il miglior mezzo di risolvere i problemi costruttivi del nostro secolo, intendono però sopprimere nel modo più assoluto le diversità opprimenti che oppongono contradittoriamente le caratteristiche architettoniche e paesistiche delle campagne a quelle delle città.
Intanto oggi, i metodi di organizzazione del lavoro, i nuovi sistemi di comunicazione ed i nuovi materiali ci offrono nuovi mezzi efficaci per l’oggettivazione di un urbanismo conforme al profondo rivolgimento economico e sociale derivato dalla macchina. Dacché l’organizzazione della vita moderna in ogni paese deve estendersi non solo agli agglomerati urbani, ma anche alle campagne, questo nuovo ordine dell’architettura urbanistica e paesistica comporta tre funzioni specifiche: abitare, produrre, riposare (mantenimento della specie) e i suoi più importanti oggetti sono chiaramente: la divisione del terreno, la disposizione delle masse edilizie e delle vegetazioni, l’organizzazione della circolazione e la legislazione.
La rivoluzione e la sensibilità meccaniche ponendoci di fronte a problemi assolutamente nuovi e originali interessanti la totalità del territorio di ogni nazione, le riforme e le teorie dell’urbanismo moderno devono estendersi sincronicamente a tutte le città, a tutte le campagne, ai fiumi ed ai mari (città galleggianti). La regolamentazione dei metodi di comunicazione conglobando le numerose funzioni della vita collettiva, la intensità sempre maggiore di queste funzioni vitali suppone la supremazia del fenomeno importantissimo della circolazione e della ricostituzione del suolo delle città e delle campagne. I limiti imposti alle costruzioni alle strade e a tutto ciò che ha attinenza eolia casa e coll’arte urbanistica vengono a spostarsi secondo un’applicazione più in tensiva dei portati moderni. Bisognerà quindi pensare ai rapporti tra le superfici di circolazione, di piantagione e di abitazione. Con un altro criterio che divida le città in zone di densità di popolazione per ettaro, si potrà convenientemente stabilire il principio che il centro delle città deve avere una fortissima densità di popolazione per una grandissima superficie di circolazione e di piantagione. Questo principio determinerà le modalità per le costruzioni di grandi altezze nei centri urbani e per il riscatto delle zone di protezione alberate, che formano la circonferenza delle città e le coordinano alle campagne ed ai sobborghi.
L’urbanismo, tenendo conto del problema urgente dell’industrializzazione dell’arte edilizia dovrebbe procedere, nella misura del possibile, al raggruppamento degli isolati costruiti e delle arterie di circolazione secondo il principio ortogonale. Secondo l’economia generale del paese, le risorse della tecnica, le necessità della circolazione e dell’igiene pubblica, la urbanistica dovrebbe rendere obbligatorio il tetto-giardino (giardino pensile), e, secondo i bisogni, le strade su palafitte e tenere pure presente, in ogni circostanza, lo sport, permettendo che esso possa venir praticato in prossimità della casa. Ed è per queste ragioni che lo urbanismo razionale propugna tracciati eseguiti col sistema detto di chirurgia, sistema che dispone tracciati nuovi attraverso strade, isolati, campagne e proprietà esistenti, in opposizione a quello detto di medicina il quale, invece, si sviluppa soltanto nell’allargamento delle strade.
Organizzazione di tutte le funzioni della vita collettiva negli e fra gli agglomerati, l’urbanismo moderno si riattacca, non soltanto per i suoi fini ideali, ma anche per necessità di secolo, all’arte dei giardini, cui è segnata la meta di servire l’architettura moderna nei suoi famosi cinque punti: le palafitte, il tetto-giardino, la pianta libera, la facciata libera, la finestra in lunghezza o l’ala di vetro, poiché la natura trova in questi elementi della nuova architettura il modo di inquadrarsi nelle sue funzioni igieniche e di piacere, per merito di sapienti interpenetrazioni floreali, di vegetazioni che affermano il senso di benessere della casa contemporanea. Oggi, l’urbanismo, ossia tutto quanto gli uomini hanno radunato nelle società, nei comuni e nei popoli e realizzato sotto il segno della cooperazione e della solidarietà imposte tenta, attraverso un ritorno alle bellezze della terra, di organizzare la natura, come si equipaggiano le case moderne. Ed è per questo che l’architettura funzionalista studia attentamente, nella loro profonda complessità, le possibilità estetiche delle colline, dei pendii, delle valli, delle spianate, delle zone erbose e delle piantate di alberi, i quali legano in un movimento asimmetrico, ma pur regolato, i vari tipi di edifici delle agglomerazioni moderne. Siccome le case possono venir costruite su palafitte, sotto l’architettura che s’innalza nell’atmosfera salubre, regnano gli spazi immensi adibiti alla circolazione, allo sport, al riposo ! ove circola miracolosamente aria e la frescura. Congiungimento intimo di natura e di geometria, vedute improvvise sui lontani orizzonti favolosi, penetrazione delle vegetazioni nei volumi ortogonali dell’archi lettura moderna.
Il concetto dell’arte edile razionalista pone il problema dell’abitazione e del giardino nel suo atteggiamento più magistrale; nell’incantesimo e nelle vaghezze della natura ove l’uomo ha imperiture radici, il funzionalismo europeo fissa gli sguardi sulla magnificenza. E se esso intende moltiplicare la densità delle città onde facilitare il lavoro umano, elabora anche i motivi che faranno della terra un giardino ideale per i nostri occhi ed i nostri polmoni. Per tali ragioni, l’architettura moderna ha sviluppato l’amore dei fiori e degli alberi, ha escogitato le città su palafitte a piattaforme alte e basse al fine di apprezzare la vastità delle prospettive naturali, ha fatto dei siti nei quali vive l’architettura una geometria viva, colorata, ordinata, ha trovato per le azioni intime dell’uomo il giardino pensile che domina la città, i tetti a terrazze che sfilano nelle campagne.
Questo piano di rigore e di misura è già uscito fruttuoso negl’integri progetti obbiettivi di Le Corbusier riguardanti la Città verde, da costruirsi in Russia, e la Villa Radieuse, propugnata pel centro di Parigi, e nelle Città verticali di Lurcat Breuer e Gropius. Col loro giudizio critico equanime e, nel medesimo tempo, inflessibile e rigido, i funzionalisti dell’arte accentuano il desiderio di un rinnovamento nel campo delle teorie e della pratica dei giardini e del paesaggio, per cui si ebbe, in questi ultimi mesi, una fioritura miracolosa di sistemi architettonici i quali puntano tutti verso una medesima affannosa ricerca delle nuove vie di un ritorno alla natura, nei limiti della sensibilità geometrica del nostro tempo. Il concetto latino ha preso il sopravvento sull’influenza americana ed inglese la quale, tolto il contributo di Frank Lloyd Wright e Gregori Warchavchik, continua a decadere e a mantenersi sciatta, senza significato e senza forza. Oramai, il gusto degli architetti razionalisti non oscilla più fra le forme nordiche che concorsero a provocare le tristi condizioni attuali dell’arte dei giardini, ma converge verso lo spirito mediterraneo che mira sopratutto ai grandi interessi culturali ed economici europei, nei quadri rigogliosi di un primato spirituale spronante l’architettura moderna all’amore ed al rispetto delle magnificenze e degli splendori della natura.
Alberto Sartoris, Ritorno alla natura, Architettura – Ambientazione – Arredamento e Materiali da Costruzione, Futurismo, a. II., n.23, Roma, 12 febbraio 1933