Mori Marisa
Firenze 1900 – 1985. Nel 1918 si trasferì con la famiglia a Torino. Si avvicinò alla pittura da autodidatta, consigliata e incoraggiata dallo scultore Leonardo Bistolfi, amico di famiglia. In seguito si iscrisse alla scuola privata fondata e diretta da Felice Casorati, di cui frequentò le lezioni tra il 1925 e il 1931 per poi diventarne assistente. Nel 1926 partecipò all’Esposizione delle vedute di Torino a palazzo Bricherasio insieme al gruppo degli allievi della scuola casoratiana. Nel capoluogo piemontese prese parte a varie edizioni delle esposizioni organizzate dalla Promotrice di belle arti del Valentino.
Si avvicinò agli ambienti avanguardisti frequentando il ligure Tullio d’Albisola (Tullio Mazzotti) e i piemontesi Enrico Paulucci Delle Roncole, Fillia (Luigi Colombo) e Nicola Diulgheroff.
Nel novembre 1931, a Chiavari, partecipò alla Mostra futurista di pittura e scultura e arti decorative con una serie di ceramiche da lei ideate e prodotte dalla ditta Mazzotti di Albisola. Nel 1932 la sua adesione al futurismo fu sancita dall’intensa attività espositiva condotta insieme al gruppo dei futuristi liguri-piemontesi della seconda generazione. In quell’anno, infatti, partecipò alle collettive di Torino (galleria Codebò) e Genova (galleria Vitielli); alla XXXIII Esposizione della Società amici dell’arte di Torino; alla mostra «Enrico Prampolini et les aéropeintres futuristes italiens» alla Galérie de la Renaissance a Parigi; alla II Mostra del gruppo Sintesi a Genova, nonché alle esposizioni futuriste di Savona («Mostra di aeropittura, pittura e scultura futurista») e La Spezia («Aeropittura arte sacra futuriste»). Nel 1933 fu invitata alla I Mostra nazionale futurista a Roma; espose due opere, Sintesi dell’isola d’Elba e L’aviatrice addormentata, alla galleria Pesaro di Milano nell’ambito della mostra Omaggio a Umberto Boccioni.
Nello stesso anno al premio di pittura Golfo di La Spezia ottenne il terzo premio con il trittico intitolato Sintesi del golfo (opera ispirata agli stati d’animo con tre sottotitoli: Sintesi romantica, Sintesi militare, Sintesi gioiosa). Sempre nel 1933 si trasferì a Firenze al seguito del marito, con il quale entrò a far parte dei Gruppi futuristi d’iniziative diretti da Antonio Marasco. Nel contempo iniziò a dipingere quadri ispirati al mito futurista della radio e dell’ascolto radiofonico.
Disegnò il Manifesto della Mostra nazionale di agricoltura (1934) e nel 1935 il Manifesto della II Quadriennale nazionale di Roma (Roma, Archivio della Quadriennale). Contemporaneamente si interessò di fotografia e ideò progetti scenografici sia per il teatro (realizzò l’allestimento scenico e i figurini per i costumi della commedia Sensualità di Fillia) sia per il cinema, prendendo parte, tra il 1932 e il 1937, a tutte le mostre futuriste di scenotecnica (I Mostra interregionale sindacale di scenografia, Firenze 1933; Mostra d’arte Toscana di scenografia e tecnica scenica, ibid. 1934; VI Triennale: Mostra di scenografia, Milano 1936). Nel 1933 alla I Mostra futurista di scenotecnica cinematografica, alla galleria Bardi di Roma, ottenne la medaglia d’argento del ministro dell’Educazione nazionale per il plastico del film Sintesi dell’isola d’Elba, che tuttavia non venne mai girato.
L’interesse per il teatro e il cinema la portò a iscriversi, verso la metà degli anni Trenta, alla scuola di recitazione dell’Accademia dei Fidenti a Firenze, nella quale, nel dopoguerra, divenne insegnate di storia del costume. Contribuì anche alla stesura della Cucina futurista di Marinetti e Fillia scrivendo la ricetta del dessert Le mammelle italiane al sole: due semisfere di marzapane sormontate da fragole e adagiate su uno strato di panna e crema allo zabaione.
Nell’aprile del 1934 allestì la sua prima personale nello spazio Bragaglia fuori commercio di Roma. Con Aeropittura I del 1934 (Firenze, galleria Stefanini) partecipò alla XIX Biennale d’arte di Venezia. Alla rassegna lagunare fu presente, tra il gruppo dei futuristi, nelle edizioni del 1936 (Sintesi di campeggi balilla, Maternità) e del 1940 (Partenza dei coloni fascisti per le terre dell’Impero). Sempre nella compagine futurista espose alla Quadriennale nazionale di Roma negli anni 1931, 1935 (Ritorno dalle colonie marine) e 1939 (Concerto di fabbrica sulle Apuane). Nel 1937 partecipò alla mostra Les femmes artistes d’Europe al museo Jeu de Paume di Parigi; mostra che nel 1939 venne proposta anche al Metropolitan Museum di New York.
Ricercando un costante equilibrio tra elementi astratti e figurativi, non abbandonò mai del tutto la riconoscibilità naturalistica dei soggetti, ma sottopose le forme a una scomposizione cubo-futurista privilegiando i ritmi curvilinei (Suonatore di Jazz, 1933 e Vergine, 1933: ripr. in Duranti, 2002, p. 145). Sull’esempio di Diulgheroff preferì stendere il colore in una sottile pellicola pittorica, in modo tale che le pennellate fossero in grado di compenetrare le forme sfaldandone i contorni. Interprete di un’aeropittura lirica dalle chiare influenze prampoliniane, dimostrò una particolare sensibilità verso i valori cromatici tanto da definire i piani compositivi mediate il colore-tono, mentre a livello iconografico fu attenta alle tematiche diffuse dal futurismo negli anni Trenta, soprattutto quelle legate ai nuovi mezzi di comunicazione di massa e all’ebbrezza della velocità aerea (Battaglia aerea notturna, 1932 circa.: ripr. in Duranti, p. 95), che provò in prima persona, consigliata dallo stesso Marinetti, sorvolando il cielo di Roma (1934).
Sul finire degli anni Trenta, in netto dissenso con l’emanazione delle leggi razziali, dette ospitalità a Rita e Gino Levi Montalcini e mise in discussione il suo rapporto con il futurismo. In seguito, dopo la morte del marito (1943), abbandonò definitivamente il movimento marinettiano per tornare, a cominciare dall’immediato dopoguerra, verso una figurazione di matrice classica e naturalistica, ritrovando temi casoratiani, come il ritratto, le nature morte, le maschere, i nudi.
Nel 1950 si iscrisse all’Accademia di belle arti di Firenze e per un biennio frequentò i corsi tenuti da Arturo Checchi. L’anno successivo presentò un dipinto, Studio per il ritratto di Vera Zalla, alla VI Quadriennale nazionale di Roma. Dopodiché condusse una vita ritirata, esponendo di rado e quasi esclusivamente nelle mostre di pittura femminile patrocinate dal circolo culturale fiorentino Lyceum (Mostra nazionale d’arte femminile, Torino 1946; Mostra internazionale d’arte femminile. Sei pittrici del Lyceum, Londra 1950; Mostra di sei pittrici fiorentine FIDAPA [Federazione italiana donne arti professioni e affari], Venezia 1954; Mostra nazionale pittrici italiane, Firenze 1961). In questa ultima fase della sua ricerca dipinse soprattutto figure umane, paesaggi dal vero o nature morte, partecipando, inoltre, a numerosi concorsi di pittura estemporanea. Nel 1954 allestì una personale con disegni e pitture presso la Casa di Dante a Firenze. Altrettanto sporadica fu la sua presenza a mostre collettive: un quadro del primo periodo casoratiano, Tende sulla spiaggia, fu inserito nella rassegna «Torino fra le due guerre» (1978, Torino, Galleria civica), mentre nel 1980 due quadri futuristi furono inclusi nella mostra «L’altra metà dell’avanguardia 1910-40. Pittrici e scultrici nei movimenti delle avanguardie storiche» (Milano, palazzo Reale).
Morì a Firenze il 6 marzo 1985.