La Musica Futurista

La Musica Futurista

La Musica Futurista. Manifesto tecnico. 1910

              Tutti gli innovatori sono stati logicamente futuristi, in relazione ai loro tempi. Palestrina avrebbe giudicato pazzo Bach, e così Bach avrebbe giudicato Beethoven, e così Beethoven avrebbe giudicato Wagner.

              Rossini si vantava di aver finalmente capito la musica di Wagner leggendola a rovescio! Verdi, dopo un’audizione dell’ouverture del Tannhäuser,in una lettera a un suo amico chiamava Wagner matto!

              Siamo dunque alla finestra di un manicomio glorioso, mentre dichiariamo, senza esitare, che il contrappunto e la fuga, ancor oggi considerati come il ramo più importante dell’insegnamento musicale, non rappresentano altro che ruderi appartenenti alla storia della polifonia, propriamente di quel periodo che corre dai fiamminghi fino a G. S. Bach. In loro sostituzione, la polifonia armonica, fusione razionale del contrappunto con l’armonia, impedirà al musicista, una volta per sempre, di sdoppiarsi fra due culture: una trapassata di qualche secolo, l’altra contemporanea; inconciliabili fra di loro perché prodotte da due ben differenti maniere di sentire e di concepire. La seconda, per ragioni logiche di progresso e di evoluzione, è già lontana ed irraggiungibile conseguenza della prima con l’averla riassunta, trasformata e di gran lunga sorpassata.

              L’armonia, anticamente sottintesa nella melodia ― suoni susseguentisi secondo diversi modi di scala ― nacque quando ciascun suono della melodia fu considerato in rapporto di combinazione con tutti gli altri suoni del modo di scala a cui apparteneva.

              In tal maniera si arrivò a comprendere che la melodia è la sintesi espressiva di una successione armonica. Oggi si grida e si lamenta che i giovani musicisti non sanno più trovare melodie, alludendo senza dubbio a quelle di Rossini, di Bellini, di Verdi o di Ponchielli…. Si concepisca invece la melodia armonicamente; si senta l’armonia attraverso diverse e più complesse combinazioni e successioni di suoni, ed allora si troveranno nuove fonti di melodia.

              Si finirà così una volta per sempre di essere dei vili imitatori d’un passato che non ha più ragione di essere, e dei solleticatori venali del gusto basso del pubblico.

              Noi futuristi proclamiamo che i diversi modi di scala antichi, che le varie sensazioni di maggiore, minore, eccedente, diminuito, e che pure i recentissimi modi di scala per toni interi non sono altro che semplici particolari di un unico modo armonico ed atonale di scala cromatica. Dichiariamo inoltre inesistenti i valori di consonanza e di dissonanza.

              Dalle innumerevoli combinazioni e dalle svariate relazioni che ne deriveranno fiorirà la melodia futurista. Questa melodia altro non sarà che la sintesi dell’armonia, simile alla linea ideale formata dall’incessante fiorire di mille onde marine dalle creste ineguali.

              Noi futuristi proclamiamo quale progresso e quale vittoria dell’avvenire sul modo cromatico atonale, la ricerca la realizzazione del modo enarmonico. Mentre il cromatismo ci fa unicamente usufruire di tutti i suoni contenuti in una scala divisa per semitoni minori e maggiori, l’enarmonia, col contemplare anche le minime suddivisioni del tono, oltre al prestare alla nostra sensibilità rinnovata il numero massimo di suoni determinabili e combinabili, ci permette anche nuove e più svariate relazioni di accordi e di timbri.

              Ma sopra ogni cosa l’enarmonia ci rende possibili l’intonazione e la modulazione naturali ed istintive degl’intervalli enarmonici, presentemente infattibili data l’artificiosità della nostra scala a sistema temperato, che noi vogliamo superare. Noi futuristi amiamo da molto tempo questi intervalli enarmonici che troviamo solo nelle stonature dell’orchestra, quando gli strumenti suonano in impianti diversi, e nei canti spontanei del popolo, quando sono intonati senza preoccupazioni d’arte.

              Il ritmo di danza: monotono, limitato, decrepito e barbaro, dovrà cedere il dominio della polifonia ad un libero procedimento poliritmico, limitandosi a rimanerne un particolare caratteristico.

              Perciò si dovranno considerare relativi fra di loro i tempi pari, dispari e misti, come già similmente si considerano i ritmi binari, ternari, ternari-binari e binari-ternari. Una o più battute in tempo dispari in mezzo od a chiusura di un periodo di battuta in tempo pari o misto e viceversa non si dovranno più condannare con le leggi ridicole e fallaci della così detta quadratura,disprezzabile paracqua di tutti gli impotenti che insegnano nei conservatorî.

              L’alternarsi e il succedersi di tutti i tempi e di tutti i ritmi possibili troveranno il loro giusto equilibrio solamente nel senso geniale ed estetico dell’artista creatore.

              La conoscenza dell’istrumentazione si dovrà conquistare sperimentalmente. La composizione istrumentale si concepisca istrumentalmente, immaginando e sentendo un’orchestra particolare per ogni particolare e diversa condizione musicale dello spirito.

              Tutto ciò sarà possibile quando, disertati i conservatorî, i licei e le accademie, e determinatane la chiusura, si vorrà finalmente provvedere alle necessità dell’esperienza, col dare agli studî musicali un carattere di libertà assoluta. I maestri d’oggi, trasformati negli esperti di domani, saranno guide e collaboratori oggettivi degli studiosi, cessando di corrompere inconsciamente i genî nascenti, col trascinarli dietro la propria personalità e con l’imporre loro i proprî errori e i proprî criteri.

              Per l’uomo, la verità assoluta sta in ciò che egli sente umanamente. L’artista, coll’interpretare virginalmente la natura, l’umanizza rendendola vera.

              Cielo, acque, foreste, fiumi, montagne, intrichi di navi e città brulicanti, attraverso a l’anima del musicista si trasformano in voci meravigliose e possenti, che cantano umanamente le passioni e la volontà dell’uomo, per la sua gioia e per i suoi dolori, e gli svelano in virtù dell’arte il vincolo comune e indissolubile che lo avvince a tutto il resto della natura.

              Le forme musicali non sono altro che apparenze e frammenti di un unico tutto ed intero. Ogni forma sta in rapporto alla potenzialità di espressione e di svolgimento del motivo passionale generatore e alla sensibilità e intuizione dell’artista creatore. La retorica e l’ampollosità precedono da una sproporzione fra il motivo passionale e la sua forma esplicativa, prodotta nella maggior parte dei casi da influenze acciecanti di tradizioni, di cultura, di ambiente e spesso da limitazione cerebrale.

              Il solo motivo passionale impone al musicista la propria esplicazione formale e sintetica, essendo la sintesi proprietà cardinale dell’espressione e dell’estetica musicale.

              Il contrasto di più motivi passionali ed i rapporti fra i loro caratteri espressivi e fra la loro potenzialità di espansione e svolgimento, costituiscono la sinfonia.

              La sinfonia futurista considera come sue massime forme: il Poema sinfonico, orchestrale e vocale e l’Opera teatrale.

              Il sinfonista puro trae dai suoi motivi passionali svolgimenti, contrasti, linee e forme, con fantasia ampia e libera, non dovendo attenersi ad alcun criterio che non sia il suo senso artistico di equilibrio e di proporzione, e trovando il suo fine nel complesso dei mezzi espressivi ed estetici proprî della pura arte musicale. Questo senso di equilibrio futurista altro non è che il raggiungimento della massima intensità di espressione.

              L’operista, in cambio, attrae nell’orbita dell’ispirazione e dell’estetica musicale tutti i riflessi delle altre arti ― concorrenza potente alla moltiplicazione dell’efficacia espressiva e comunicativa. ― L’operista deve concepire conseguenti alla sua ispirazione ed estetica musicale questi altri elementi secondarî.

              La voce umana pure essendo massimo mezzo di espressione, perché nostra e da noi proveniente, sarà circonfusa dall’orchestra, atmosfera sonora, piena di tutte le voci della natura, rese attraverso l’arte.

              La visione del poema sceneggiato balza alla fantasia dell’artista creatore per una sua particolare necessità, sorta dalla volontà di esplicare i motivi passionali generatori ed ispiratori. Il poema drammatico o tragico non si potrà concepire per la musica, se non sarà in conseguenza di uno stato di anima musicale e nell’unica visione, dell’estetica musicale. L’operista, creando ritmi nel collegare le parole, crea già musicalmente ed è autore unico dell’opera propria. Musicando invece la poesia d’altri, egli rinuncia stupidamente alla sua particolare fonte di ispirazione originale, alla sua estetica musicale, ed assume da altri la parte ritmica delle sue melodie.

              Il verso libero è il solo adatto, non essendo obbligato a limitazioni di ritmi e di accenti monotonamente ripetentesi in forme ristrette ed insufficienti. L’onda polifonica della poesia umana trova nel verso libero tutti i ritmi, tutti gli accenti e tutti i modi per potersi esuberantemente esprimere, come in una affascinante sinfonia di parole. Tale libertà di espressione ritmica è propria della musica futurista.

              L’uomo e la moltitudine degli uomini sulla scena non debbono più imitare fonicamente il comune parlare, ma debbono cantare, come quando noi, inconsci del luogo e dell’ora, presi da un’intima volontà di espansione e di dominio, prorompiamo istintivamente nell’essenziale ed affascinante linguaggio umano. Canto naturale, spontaneo, senza la misura dei ritmi o degl’intervalli, artificiosa limitazione dell’espressione, che ci fa qualche volta rimpiangere l’efficacia della parola.

CONCLUDIAMO:

              1° ― Bisogna concepire la melodia quale una “sintesi dell’armonia„ considerando le definizioni armoniche di maggiore, minore, eccedente e diminuito, come semplici particolari di un unico modo cromatico atonale.

              2° ― Considerare la enarmonia come una magnifica conquista del futurismo.

              3° ― Infrangere il dominio del ritmo di danza, considerando questo ritmo quale un particolare del ritmo libero, come il ritmo dell’endecasillabo può essere un particolare della strofa in versi liberi.

              4° ― Con la fusione dell’armonia e del contrappunto, creare la polifonia in un senso assoluto, non mai usato fino ad oggi.

              5° ― Impossessarsi di tutti i valori espressivi e dinamici dell’orchestra, e considerare la istrumentazione sotto l’aspetto di universo sonoro incessantemente mobile e costituente un unico tutto per la fusione effettiva di tutte le sue parti.

              6° ― Considerare le forme musicali conseguenti e dipendenti dai motivi passionali generatori.

              7° ― Non scambiare per forma sinfonica i soliti schemi tradizionali, trapassati e sepolti della sinfonia.

              8° ― Concepire l’opera teatrale come una forma sinfonica.

              9° ― Proclamare la necessità assoluta che il musicista sia autore del poema drammatico o tragico per la sua musica. L’azione simbolica del poema deve balzare alla fantasia del musicista, incalzata dalla volontà di esplicare motivi passionali. I versi scritti da altri costringerebbero il musicista ad accettare da altri il ritmo per la propria musica.

              10° ― Riconoscere nel verso libero l’unico mezzo per giungere ad un criterio di libertà poliritmica.

              11° ― Portare nella musica tutti i nuovi atteggiamenti della natura, sempre diversamente domata dall’uomo per virtù delle incessanti scoperte scientifiche. Dare l’anima musicale delle folle, dei grandi cantieri industriali, dei treni, dei transatlantici, delle corazzate, degli automobili e degli aeroplani. Aggiungere ai grandi motivi centrali del poema musicale il dominio della Macchina ed il regno vittorioso della Elettricità.

Balilla Pratella, La Musica Futurista. Manifesto tecnico, Milano 1910