Fasulo Italo
Fasulo nasce a Monselice il 10 dicembre 1912 e morì, disperso in guerra nei pressi di Istria, dal 27 settembre 1943 volontario nella guerra d’Etiopia, dall’ottobre 1935 al maggio 1936, è il cofondatore, assieme a C. Forlin, del movimento futurista “Savarè” di Monselice. Il gruppo costituito nel 1936, coagula e prosegue le attività futuriste padovane in quel momento allo sbando. Nello stesso anno organizza con Forlin la prima mostra del gruppo dove espone un ritratto di Marinetti e un quadro intitolato “Serenata”. Adotta il nome d’arte Fasullo e espone in tutte le mostre del gruppo Savarè realizzando opere di suggestione quasi onirica, se non surrealista, e talvolta aeropitture “alla Tato”.
Partecipa tra l’altro alla mostra di aeropittura a Torino (1938), alla mostra Gli aeropittori futuristi alla Galleria del Milione di Milano (1938), all’esposizione dei XXXV anni alla Galleria Pesaro di Milano (1938), alla Mostra itinerante di aeropittura a Falconara Marittima (1938), alla mostra di aeropittura di Cagliari (1939), all’esposizione futurista al circolo Mare Nostrum di Milano (1939).
Espone inoltre nelle sezioni futuriste alla Biennale di Venezia del 1938, 1940 e 1942 e alla Quadriennale di Roma del 1939 e del 1943. Più indipendente da fatti di propaganda di Forlin, mostra anche uno spiccato interesse per i fatti scientifici e realizza ritratti di Guglielmo Marconi e di Galileo Galilei, a volte anche abbandonandosi a sporadiche sperimentazioni delle tematiche boccioniane. “Prima del Futurismo” scrive:
“Nessuno si era accorto che solo dalla scienza l’arte poteva rifornirsi di soggetti e di forme per raggiungere una sua nuova grandezza”. Crea così opere di carattere “atonico” e “cosmico” perché, come egli afferma, “il Futurismo non disdegna l’anatomia, la biologia, la chimica, i moti molecolari ed elettronici che sono eguali a dinamismo – verità futurista, i microrganismi unicellulari, il telescopio, il dinamismo degli astri e le aurore boreali”.
Fra le sue opere più riuscite rimane La battaglia di Sassabanech (1938), dove si avvicina alle tematiche “battagliste” del pittore di guerra M. Menin che appunto dipingeva su “impressioni dal vero” dinamiche visioni dei campi di battaglia africani. La sua è comunque una pittura dalla tematica futuribile piuttosto che tipologicamente futurista, nel senso che le modalità esecutive rimangono pur sempre in un codice figurativo e descrittivo non sempre raggiungono, tranne appunto alcuni casi, quelle connotazioni di montaggio e dinamismo di immagini che possono essere ricondotte alla poetica pittorica futurista.