Erba Carlo
Carlo Erba nacque a Milano nel 1884. Il padre Luigi Erba, nipote del noto farmacista, era direttore amministrativo della Carlo Erba Farmaceutici nella città lombarda e iscrisse il giovane Carlo al collegio di Merate per compiere studi classici; in quegli anni Erba iniziò a disegnare e a dipingere. Successivamente, frequentò la facoltà di chimica dell’Università di Genova, per seguire la tradizione di famiglia.
Abbandonata l’università genovese, s’iscrisse nel 1905 alla facoltà di Giurisprudenza di Pavia, ma alla fine del 1906 abbandonò definitivamente gli studi e torna a Milano. Nel 1908-1909 frequentò i corsi della Scuola Libera del Nudo annessa all’Accademia di belle arti di Brera, dove ebbe come maestro Cesare Tallone. Stringe amicizia con Romolo Romani, Aroldo Bonzagni, Carlo Carrà e, nel dicembre 1909, partecipò con due paesaggi all’Esposizione Annuale della Famiglia Artistica, dove strinse amicizia con Umberto Boccioni, Antonio Sant’Elia, Luigi Russolo e altri.
All’Esposizione Annuale della Famiglia Artistica del 1910 espone Crepuscolo, Mattino e due Studi di paese e nel 1911 presenta al Palazzo della Permanente, per l’Esposizione Annuale della Società di Belle Arti, Le prime case della città.
Pur appartenendo a una delle famiglie più ricche di Milano, la situazione economica di Erba è difficile e per comprarsi tele e colori realizza su commissione illustrazioni per cartoline e fiabe. Insieme con il cantante lirico Manfredi Polverosi, frequenta i salotti milanesi di Margherita Sarfatti e di Ada Negri. A volte, a notte tarda, invitava gli amici, fra i quali Marinetti, Boccioni, Sant’Elia, i fratelli Corradini, Russolo e altri in casa Erba.
Fra il 1912-13 la ricerca di Erba si fa più impegnata e intensa, e in decisiva trasformazione di prospettive. Data a questi anni la sua esperienza più propriamente futurista, della quale rimangono diversi disegni, mentre è finora disperso il dipinto più significativo, Carica di cavalleria (moto in avanti), che egli dipinge nel 1913 insieme ad altri quadri che segnano, nella primavera dell’anno seguente, la sua partecipazione alla mostra di Nuove Tendenze.
Nell’estate di quello stesso anno trascorre una vacanza a Riva Trigoso, in Liguria, dove realizza numerosi disegni che utilizza in seguito per delle incisioni. In dicembre partecipa alla Mostra Intima della Famiglia Artistica a Milano, cui segue nel gennaio 1915 la Mostra dell’Incisione Italiana alla Permanente di Milano, dove re Vittorio Emanuele III acquista una delle sette acqueforti da lui esposte.
Sin dal settembre 1914 prende parte a Milano alle manifestazioni interventiste insieme con gli altri futuristi e nell’imminenza dell’entrata in guerra dell’Italia si arruola nel Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti (VCA). Con lui sono: Marinetti, Boccioni, Funi, Russolo, Sant’Elia, Boccioni, Ugo Piatti, Mario Sironi, il pittore Anselmo Bucci, il critico Mario Buggelli e il giornalista Renzo Codara del “Corriere della sera”. Il 3 giugno il Battaglione si installa a Gallarate, acquartierandosi in una scuola. I futuristi, raccolti nella III Compagnia, VIII Plotone, compiono allenamenti ed esercitazioni in brughiera e al Teatro Condominio organizzano due serate con spettacolo di beneficenza per le famiglie dei richiamati.
“Si formò una commissione per la decorazione del teatro – ricorda Russolo – La commissione era formata da: Sant’Elia, Boccioni, Funi, Erba ed io. Sant’Elia come architetto ebbe per così dire la presidenza e propose di trasformare tutta la decorazione del teatro. Si trattava di fare due lunghi fregi decorativi da applicare sulle balaustre delle file dei palchi e un grande pannello decorativo da collocare sopra la porta di ingresso. Sant’Elia disse: uno di questi fragi per il primo ordine di palchi lo facciamo Russolo ed io; Boccioni si offerse di fare il sopraporta con un ritratto dinamico del comandante del Battaglione e a Funi ed Erba venne dato l’incarico del fregio per la seconda fila di palchi. Ci mettemmo subito al lavoro, che doveva essere pronto entro una settimana. Di comune accordo decidemmo che il nostro fregio sarebbe stato fatto con i concetti futuristici di dinamicità. Quindi ritmi di masse, profili di forme che si intersecassero con fasci di luci multicolori e rendessero il senso dinamico di velocità che predomina nella vita moderna” (L. Russolo, in “2la Martinella”, a. XII, fasc. X, Milano, 1958). Durante lo spettacolo Erba si improvvisa imitatore del comico Ferravilla, creando dei momenti comici che riscuotono gli applausi del pubblico. Ed ancora, secondo il ricordo di un ex volontario, Guido Francioli di Milano, faceva salire sul palcoscenico delle persone presenti fra il pubblico e rapidamente schizzava su grandi fogli a misura d’uomo delle divertenti caricature.
Tornato al fronte, nella notte tra il 12 e il 13 giugno 1917, durante un assalto all’arma bianca sull’Ortigara, Erba cade colpito da una scheggia di granata.