Marchi Virgilio
Nacque a Livorno il 21 genn. 1895 da Vittorio e da Zaira Mazzoni. Si formò alla scuola tecnica governativa di Livorno, presso la quale conseguì il diploma nel 1909. Dal 1909 al 1910 frequentò il locale Istituto di belle arti; nel mese di gennaio 1911 si trasferì nell’omologo istituto in Siena, ove seguì i corsi di V. Mariani e A. Vigilardi.
Allievo brillante, nel 1912 vinse il premio Biringucci indetto dalla senese Società di pie disposizioni, quindi (1913) una borsa di studio da parte della fondazione Ramond; ancora giovanissimo, nel novembre 1913 espose i suoi lavori architettonici in una personale allestita a Livorno, seguita con attenzione dalla stampa locale (Godoli – Giacomelli). Nel 1914 gli venne conferito il premio Philipson; nello stesso anno conseguì l’abilitazione all’insegnamento del disegno nelle scuole tecniche e normali.
Al periodo dell’alunnato senese risalgono progetti e studi di ville e castelli nei quali si configura un “cauto modernismo che si alimenta di suggestioni dell’architettura mediterranea”, e che non paiono rispecchiare compiutamente le “inquietudini culturali” dalle quali in quegli stessi anni era animato (ibid., p. 23) e che lo avvicineranno al futurismo.
Chiamato alle armi nel 1915, il M. prestò servizio nel 1° reggimento dei granatieri. Trasferito a Roma dal 1915 al 1917, dal 1916 prese a frequentare lo studio di G. Balla in via Paisiello: a quell’anno si fa risalire la sua adesione ufficiale al futurismo.
La diversità – e la singolarità – dell’approccio al movimento da parte del M. si rivela nel suo porsi per molti aspetti critico nei confronti dell’architetto comasco A. Sant’Elia. In una conferenza tenuta nel 1918, il M. ne stigmatizzava l’affinità, ritenuta eccessiva, con l’architettura americana, laddove il primo ribadiva la necessità di un’architettura nuova che abbandonasse gli schemi tradizionali in favore dell'”impulso dinamico delle curve, dei piani di rivoluzione, delle linee forze” (ibid., p. 24). Significativo in tal senso appare l’apprezzamento espresso ancora dal M., mai dimentico della lezione di Balla e della sua concezione spaziale “plastica e musicale”, nei confronti di alcune opere di architetti quali O. Aloisio e A. Libera e delle sperimentazioni cromatiche di P. Bottoni.
Promosso ufficiale, nel 1918 il M. venne destinato alla scuola bombardieri di Sassuolo.
Il periodo emiliano costituì un momento importante dell’esperienza futurista. A Sassuolo stabilì rapporti con Francesco Flora, suo commilitone, ed espose, nel giugno 1918, alcuni lavori in una mostra collettiva tenutasi negli stessi locali della scuola, alla quale intervenne lo stesso F.T. Marinetti. Il 30 giugno, alla chiusura della rassegna, il M. tenne una conferenza sul tema “L’arte è una vibrazione”, “documento fondamentale, che non solo segna il suo “ufficiale debutto” nella compagine futurista e nella polemica sul rinnovamento dell’architettura futurista, ma introduce anche temi che delineano già chiaramente le tematiche peculiari della sua personale visione” (ibid., p. 26).
Nel 1919 il M., non ancora congedato dal servizio militare, fece ritorno a Livorno. Tra il 1919 e il 1921, grazie all’apporto di Flora e Balla, iniziò a pubblicare i primi scritti di architettura, per lo più rielaborazioni dei concetti espressi a Sassuolo, in testate quali Dinamo, La Testa di ferro, Roma futurista, in cui il 29 febbr. 1920 pubblicò il Manifesto dell’architettura futurista. Dinamica, stato d’animo, drammatica (Crispolti, in Futurismo e futurismi, p. 507).
Ancora nel 1919 prese parte, come unico rappresentante della sezione dedicata all’architettura, alla Esposizione nazionale futurista tenutasi a Milano, Genova e Firenze, con vari disegni raffiguranti la Città futurista. Nello stesso anno veniva ultimato il nuovo fonte battesimale, realizzato su suo progetto, della chiesa dei Ss. Pietro e Paolo in Livorno, per la quale il M. curò anche l’esecuzione di alcuni interventi di restauro. Ancora in Toscana, nel 1920 fu a Massa Marittima, ove aveva ottenuto un incarico di supplenza nel corso di disegno nella scuola tecnica.
Il 1° luglio 1920 conseguì il diploma di professore di disegno architettonico nella Scuola superiore di architettura di Siena. La redazione del Corriere di Livorno allestì in quell’anno, presso la propria sede, una personale del M. ove figuravano, tra gli altri, due progetti per una casa del popolo da costruirsi nella città labronica.
Nel 1921 fece ritorno a Roma, ove per incarico di A.G. Bragaglia curò la realizzazione della nuova sede dell’omonima casa d’arte, già al n. 21 di via dei Condotti, luogo di ritrovo di artisti e cineasti: la galleria, articolata in tre sale dedicate alla pittura con annessi teatro degli Indipendenti e bar futurista, si stabilì nelle cantine del palazzo Tittoni in via degli Avignonesi, che inglobavano alcuni ambienti delle terme di Settimio Severo.
Nel medesimo anno, a Ravenna, prese parte alla Esposizione d’arte futurista con alcuni studi per una metropoli; nella primavera del 1922 fu a Torino, in occasione della Esposizione futurista internazionale allestita presso il Winter Club.
Nel mese di giugno la casa d’arte Bragaglia ospitò una personale del “Marchi architetto futurista”, inaugurata dallo stesso Marinetti.
La mostra, forse la più completa rassegna fino ad allora allestita sull’attività del M., comprendeva circa cinquanta tavole tra disegni e studi preparatori ripartiti in quattro aree tematiche (Godoli – Giacomelli). La prima, costituita da sedici opere, includeva le serie Ricerca di volumi, Schizzi primordiali, Città fantastica, Circolo delle forze e Teatro; la seconda annoverava alcuni studi per elementi d’arredo e uno Schizzo di mobili per un ambiente della villa Ariosa in Roma. Il terzo gruppo raccoglieva i progetti architettonici Città di cemento, Studio per un albergo, Idee per un edificio del popolo, Ville; il quarto e ultimo riguardava la stessa casa d’arte, con studi per la sistemazione del foyer, del bar e del prospetto.
In luglio partecipò a un convegno sul paesaggio tenutosi a Capri con una relazione sull’architettura futurista. Ancora nel 1922 redasse per Marinetti un progetto per una villa da realizzarsi sull’isola che, secondo quanto affermato dal M. nel consesso caprese, “denota rispetto per i caratteri ambientali e attenzione ai valori peculiari dell’edilizia mediterranea” (ibid., p. 30).
Gli anni Venti costituirono un periodo di intensa attività per il M. il quale consolidò i rapporti con il mondo del teatro, dedicandosi con sempre maggiore frequenza alla progettazione dei luoghi della rappresentazione e soprattutto all’allestimento di scenografie e costumi.
Nel 1923 realizzò le scene di alcuni spettacoli per il teatro degli Indipendenti, i bozzetti dei quali risultano in gran parte perduti. Nel 1924 espose come scenografo a Vienna e quindi a Milano, ove era stata allestita una mostra nell’ambito del I congresso futurista (23-25 novembre); nel medesimo anno pubblicò a Foligno il volume Architettura futurista. Ancora nel 1924 L. Pirandello, direttore della Compagnia del teatro d’arte di Roma che annoverava, tra gli altri, Marta Abba e Lamberto Picasso, si avvalse dell’operato del M. per la realizzazione del teatro Odescalchi, inaugurato nel 1925. Ricavato negli ambienti delle scuderie dell’omonimo palazzo nella piazza Ss. Apostoli, fu realizzato in stretta collaborazione con lo stesso Pirandello. Il M. riuscì a conferire all’insieme, pur se di ridotte dimensioni, una piacevole articolazione spaziale: il foyer, dominato da colori quali il violetto e il giallo oro, era suddiviso in due zone distinte da una parete forata da tre arcate. Di lì l’accesso alla galleria era possibile attraverso una scala collegata a un ballatoio aperto sul livello sottostante; l’andamento dell’antica struttura voltata era accompagnato dalle movenze morbide delle balaustre argentate e dai toni conferiti dall’illuminazione. L’intervento del M. riscosse notevole favore anche da parte della critica straniera, tanto che il teatro fu definito uno dei più interessanti realizzati nel nuovo secolo (Parkes).
Nel 1926 elaborò un progetto di parziale risistemazione del teatro comunale S. Marco a Livorno (con M. Meucci) e curò gli interventi di restauro e ampliamento del teatro del Popolo di Castelfiorentino, di impianto ottocentesco. La collaborazione con il teatro Odescalchi proseguì con l’allestimento delle scene di numerose opere. Nel 1925, in occasione dell’inaugurazione, curò, con C.E. Oppo, le scenografie del Signore della nave di Pirandello e degli Dei della montagna di lord Dunsany (E.J. Plunkett), quindi di Nostra dea di M. Bontempelli. In seguito, dopo una fortunata parentesi al teatro Argentina con l’Enrico IV, per il quale realizzò un “proscenio imbutiforme” concepito alcuni anni prima (Godoli – Giacomelli), allestì, nuovamente per la Compagnia del teatro d’arte, gli apparati per Belinda e il mostro di B. Cicognani, L’amica delle mogli di Pirandello, La Croce del Sud di T. Interlandi e C. Pavolini (1927); nel 1928 curò, ancora per Pirandello, gli scenari della Nuova colonia e di alcuni quadri di Ciascuno a suo modo.
Nel maggio di quell’anno, nell’ambito della XCIV mostra della Società degli amatori e cultori di belle arti nel palazzo delle Esposizioni in Roma, il M. poté allestire per la prima volta una sezione dedicata all’architettura scenica, presso la quale tenne una prolusione sulla scenotecnica futurista.
Nella medesima circostanza, Marinetti intervenne definendo il M. un “rivoluzionario nel campo architettonico, costruttore di forze espressive che armonizza l’idea d’una azione con la colorazione e con la sintesi d’un capolavoro scenografico” (Godoli – Giacomelli, p. 30).
Nel 1929 prese parte alla I Mostra di architettura futurista di Torino, coordinata da Marinetti e Fillia (L. Colombo); ancora a Roma progettò la sistemazione di un piccolo spazio teatrale nella sede dell’Associazione artistica internazionale in via Margutta. Dal 1930 curò gli allestimenti per la compagnia di L. Picasso. Ancora nel 1930 il M. redasse, per incarico del podestà di Siena, uno studio di fattibilità riguardante la trasformazione del teatro dei Rinnovati.
Respinta l’ipotesi del recupero della struttura esistente, intervento a suo dire di troppo complessa attuazione, presentò l’anno dopo un progetto per un nuovo, grande edificio che avrebbe potuto ospitare fino a duemila spettatori, giudicato eccessivamente costoso e accantonato nonostante le successive modifiche apportate.
Nel 1931 il M. fu nominato direttore dell’Istituto d’arte di Siena (incarico mantenuto sino al 1940). Nello stesso anno pubblicò a Foligno Italia nuova architettura nuova: il volume segna un punto fondamentale del suo percorso artistico in quanto vi si riscontra “una decisiva caduta di tensione creativa nei confronti dell’architettura futurista” (ibid., p. 33).
Nel 1933 realizzò, all’interno del complesso del polverificio di Segni, i laboratori e le residenze per gli ufficiali addetti al collaudo; a Roma redasse inoltre i progetti di sistemazione del teatro Argentina e dell’Istituto del teatro drammatico nazionale in via di Villa Patrizi.
Nel 1935, con l’allestimento delle scene del film Milizia territoriale di M. Bonnard, ebbe inizio la sua fortunata collaborazione con il cinema, portata avanti fino al 1959 con circa sessanta film all’attivo, tra cui Un’avventura di Salvator Rosa, La corona di ferro e La cena delle beffe di A. Blasetti (1940-42), Don Camillo di J. Duvivier, Francesco giullare di Dio di R. Rossellini (1950), Umberto D. e Stazione Termini di V. De Sica.
Nel 1936 fu tra gli ammessi al primo grado del concorso per il palazzo del Littorio in Roma (Palozzi); dal 1934 al 1943 e dal 1949 al 1960 fu docente di scenotecnica e storia del costume alla romana Accademia d’arte drammatica.
Nel corso della seconda metà degli anni Trenta firmò le scene di numerosi spettacoli, tra i quali Valoria di Bontempelli, Belfagor di E.L. Morselli, Questa sera si recita a soggetto di Pirandello, L’Olimpiade di A. Vivaldi.
Nello stesso periodo elaborò uno studio per la sistemazione degli spazi e dei volumi circostanti la fortezza medicea di Siena (1936), parzialmente realizzato, e per la tomba Fabrini eretta nel cimitero di Castelfiorentino.
Negli anni Quaranta il M., oltre ai numerosi allestimenti cinematografici e teatrali, redasse i progetti per la sistemazione del teatro Goldoni in Livorno e dell’abside della chiesa di S. Lorenzo in Miranda al foro Romano (1942), quindi per la ricostruzione del Politeama livornese (1943). Nel 1944 fu a Venezia, ove insegnò all’istituto d’arte fino al 1946; in quel periodo elaborò i progetti degli stabilimenti Cines nella zona della Biennale e per la ristrutturazione del parco dei divertimenti al Lido (1945-46).
Ancora in Toscana redasse una prima stesura del progetto per il cinema Odeon di Livorno (1946) e per la sistemazione del teatro Pantera di Lucca (1947).
Realizzato tra il 1948 e il 1952, l’Odeon fu considerato una delle più riuscite opere del M. per la grande attenzione posta nella elaborazione degli schemi distributivi e funzionali.
Dal 1951 fu docente di scenografia al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, città dove, verso la fine del decennio, curò la sistemazione della sala del teatro della Cometa (1958, con T. Buzzi), per il quale allestì le scene di Amedeo e La lezione di E. Jonesco.
Il M. morì a Roma il 30 apr. 1960.
(Spanish)
Virgilio Marchi (21 de enero de 1895 – 1960) fue un escenógrafo y arquitecto italiano. Era un miembro del segundo futurismo y uno de los diseñadores más importantes de Italia. En su edad temprana en el movimiento futurista, con Filippo Tommaso Marinetti se hicieron amigos, para quien diseñó villa de Capri en 1927. Sus dibujos son la síntesis extrema entre la cultura de la arquitectura de vanguardia y el urbanismo como Antonio Sant’Elia y Mario Chiattone. Como arquitecto en 1925 reestructuró el Teatro Odescalchi, dotándolo de un moderno sistema eléctrico, la Casa d’Arte Bragaglia (Casa de Arte Bragaglia) y el Teatro degli Indipendenti (Teatro de los Independientes), y desarrolló el proyecto de restauración del spa de Via de Avignonesi en Roma.
En 1929, diseñó decorados y el vestuario de la obra italiana L’Italiana in Algeri y La Cenerentola de Rossini. En 1930 comenzó su colaboración con la Sociedad de Lamberto Picasso. Al año siguiente se publicó en 1934 “Italia nuova”, fue uno de los participantes de la conferencia de Volta organizada por la Academia de Italia.
Entre 1948 y 1952 construyó el Cine Odeon en Livorno, fue uno de los más grandes en Italia y pero fue demolido en 2006.